venerdì 15 giugno 2012

(A)mare


Oggi ho guardato il mare cercando risposte. Ho ascoltato per mezz'ora il frangersi delle onde sulla battigia: io, il mare, una penna e un foglio bianco. Ho provato a buttar giù qualche idea sul futuro. Inutilmente. Il foglio è rimasto vergine. Il mare era brunastro perché era un po' agitato. Mi sembrava sporco, in disordine, insicuro; anche la spiaggia non era un granché. C'era solo un piacevole venticello che mitigava la calura del meriggio. Per ingannare l'attesa e per far tacere quella voce che mi chiedeva con insistenza e ora che succederà?, ho sfogliato a caso un libro di poesie di Kavafis ed è stato il buio. Pessima scelta leggere quelle due poesie. Pessimo tempismo. A volte il caso è un emerito stronzo, ma io me le cerco eh! Non potevo portarmi dietro un altro libro? Dovevo proprio scegliere delle poesie d'amore? Sono un folle! Più si cerca di rimuovere un evento doloroso e più ci si rimane ingarbugliati dentro. Per quanto mi sforzi di rimettere tutto nelle giuste caselle con le giuste etichette, arriva un punto che mi spariglia tutto. Penso, questo è il mio problema. Ho messo su le cuffie del mio lettore mp3 ed ho incominciato a camminare sul lungomare senza fermarmi. Mi avrebbe fatto bene correre, ma non avevo né un cambio e né la possibilità di farmi una doccia. Mi sono bruciato e non me ne sono accorto. C'era il vento ed io ho dimenticato che ho la carnagione chiara. Me l'hanno fatto notare, io non sento niente. È strano vedere questo contrasto tra il rosso accesso e il bianco candido: è ridicolo. Mi sento ridicolo. Sotto un pino, ho ripreso il mio libro ed ho continuato a leggere. Non so se sia masochismo, non so se sia la ricerca di un conforto, non so se sia il mio modo questa volta di andare avanti. Leggevo e avevo la pelle d'oca. Toccavo la disillusione, il dolore di una perdita, il piacere di un ricordo e confrontavo, materializzando le parole. Poi è arrivata l'ora di andare via, di ritornare tra la gente. Ho messo tutto nel mio zaino, attento a non far uscire niente, fingendo che quelle quattro ore di solitudine non siano mai accadute. Mi resta solo un'abbronzatura (non voluta) alla pene di segugio, qualcuno direbbe da muratore, un jeans da schiaffare in lavatrice perché un uccello ha deciso di regalarmi un po' di fortuna (spero migliore dell'uccellaccio romano di marzo), per il resto ho fatto lo scemo come non mai, ho fatto ridere ed ho riso, e non mi capacito di esserci riuscito meglio del solito. Mi piacerebbe capire se fossero risate sincere o costruite, ma forse ora pretendo troppo. Ora devo pensare a sopravvivere a quest'inverno e a questo grande freddo: sarà dura.

3 commenti:

  1. il mare eh!?
    mi fai venire in mente una roba così :D
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    1. Non sapevo che dal libro ne avessero tratto anche un film. :)

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  2. nemmeno io, e lo trovo bellissimo. uno dei pochi casi in cui la trasposizione cinematografica non fa perdere la poesia del libro

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