mercoledì 31 ottobre 2012

Caro Grande Cocomero


Caro Grande Cocomero,
sto continuando a diffondere il tuo verbo ovunque e quindi se le forze me lo permetteranno ti aspetterò  questa notte nell'orto così da poterti incontrare, però devo ancora chiedere il permesso a quegli scalmanati delle mie difese immunitarie che stanno lavorando, passami il francesismo, alla pene di segugio; inoltre piove e fa freddo. Comunque, se Linus vuole un sacco di regali io me ne accontento di uno solo, piccino, piccino picciò. Se due anni fa ti chiesi di estirparmi ogni forma di emozione, trasformandomi in un ghiacciolo acido, perfido e stronzo (e la tentazione di richiedertelo è fortissima), se l'anno scorso ti chiesi di dire al Grande Amore della Mia Vita di darsi una mossa che io l'aspetto ardentemente con il corpo e con la mente o in alternativa la pace nel mondo, quest'anno ti chiedo una cosa semplice, indolore e che costa poca fatica. Non prendermi per pazzo, forse un po' (tanto) lo sono, ma per quest'anno vorrei che ricordassi a chi mi ha fatto la promessa di essermi Amico, di mantenerla veramente, dimostrandolo di esserlo sul serio, senza darmi contentini per scrupolo di coscienza o di pietà, cazziandomi al momento giusto, abbracciandomi quando ne ho bisogno (e dio solo sa di quanto ne ho bisogno adesso), rendendosi partecipe attivo di quel disastro che è questa schifezza chiamata la mia vita, consigliandomi, incoraggiandomi, ascoltandomi, dandomi fiducia... insomma quello che fa un Amico con la A maiuscola. Sinceramente per il momento di A maiuscola ho visto e sentito solo la parola Assenza ed è la cosa che mi ferisce, mi ha ferito e mi sta ferendo sempre più, più di tutto il resto. Probabilmente ha pensato che fosse giusto darmi del tempo per digerire la batosta, be' ecco, questa "soluzione" con me non sta funzionando per niente, non nel modo in cui dovrebbe e in tutta onestà questa botta di silenzio mi fa vedere tutto sotto una cattivissima luce, facendomi pensare al peggio e cioè che di amicizia tra noi ci può essere solo un numerino insulso in più sui contatti facebook. Un numerino che non mi serve, proprio un numerino come M. ed MG, che ancora mi chiedo che ci stanno a fare lì e se non sia più onesto da parte mia eliminarli anche sul virtuale visto che in quella reale occupano un posto pressoché nullo. Sono pure cosciente di essere un gran rompiscatole, di avere una mole enorme di difetti, che a volte ho la sensibilità e la grazia di un elefante in un negozio di cristalli di un metro quadro, ma non sono perfetto e credo (o almeno spero) di saper riconoscere i miei errori e di chiedere scusa al momento giusto, insomma io ci provo ad essere una persona migliore, poi non sta a me dire se ci riesco o no, ma nel bene e nel male questo sono io. Mi rendo conto che ti chiedo molto, Grande Cocomero, ma so che tu sei in gamba e non mi deluderai, giusto? Insomma, non sarai un pataccaro come il ciccione di rosso vestito o uno con la mira storta come quello svergognato con le alucce, vero? 
Devotamente tuo
Principe Kamar

domenica 28 ottobre 2012

Il ladro di felicità - E il ti amo sbagliato


Non era dell'umore giusto e non aveva alcuna voglia di uscire, ormai era da tanto che si sentiva così. Mentre si guardava allo specchio, non poteva fare a meno di pensare che era stata una pessima idea accettare quell'invito, ma questa volta proprio non poteva rifiutare e poi aveva bisogno di recuperare dei documenti da alcuni suoi ex colleghi di lavoro. Non fu facile, ma vinse la sua riluttanza e la sua improvvisa asocialità che l'aveva assalito negli ultimi mesi. Non riusciva  a capire perché con tanti locali vicini, bisognava arrivare fino al mare per un locale che in tutta sincerità non era niente di eccezionale, e poi perché estendere l'invito anche a quelli dell'ufficio informatico con cui avevano condiviso solo ed esclusivamente la mensa aziendale? La serata trascorse tra chiacchiere, visi nuovi dal nome immediatamente dimenticato subito dopo la stretta di mano, brindisi e tanta noia mimetizzata dietro sorrisi tirati e stanchi. Finalmente, l'interminabile serata giungeva al termine dando quell'euforia che sapeva di liberazione accompagnata dall'eterna promessa bugiarda di ripetere quanto prima la serata. Era il momento dei saluti, degli abbracci e delle pacche sulle spalle, fin quando non giunse una richiesta inaspettata. Non amava guidare, la macchina era solo un male necessario da non usare appena possibile; e cosa ben peggiore odiava dare passaggi. Rimase, dunque, un po' basito dalla richiesta di accompagnare uno "sconosciuto" ubriaco del settore informatico, di cui non riusciva a ricordarsi il nome, ma che aveva intravisto spesso durante la mezz'ora di pausa pranzo. Non poteva dir di no e a malincuore accettò di riaccompagnarlo, tanto era di strada. Sperava che, durante la mezz'oretta abbondante di viaggio, si limitasse a poltrire sul sedile del passeggero senza volere intavolare un discorso. Non aveva la forza di parlare, soprattutto con uno sconosciuto ubriaco. Aveva bisogno di silenzio per riordinare le idee, per capire cosa si fosse rotto dentro di lui o quanto meno nulla che lo mettesse di cattivo umore o che lo facesse riflettere più del dovuto. Lo sconosciuto era eccessivamente entusiasta e non riusciva a stare zitto impelagandosi in salamelecchi pomposi, gesticolando in maniera ridicola come solo gli alticci sanno fare, non smettendo un attimo di parlare. I monosillabi di risposta fecero calare un silenzio imbarazzante e irreale. Il silenzio che cercava, ma che fu interrotto quando una mano si posò sul suo ginocchio, risalendo lungo la sua coscia. Non era un buon segno. Non prometteva nulla di buono. Era infastidito che qualcuno lo toccasse senza il suo permesso, soprattutto se con chi osava farlo, aveva scambiato sì e no un paio di parole in croce in tutta la sua vita e ancora meno durante tutta la serata. Stava cercando il modo migliore per porre freno a quella esuberanza non richiesta, ricorrendo alla scusa che stava guidando e non poteva distrarsi, visto anche la pericolosità della strada di montagna che stavano percorrendo. Niente, ritornò all'attacco. Questa volta le dita della mano furono accompagnate da un biascicato Mi piaci. Un brivido lo percorse lungo la schiena, non erano quelle le parole che voleva sentirsi in quel momento, non di certo da lui. Come osava?

- Sei ubriaco - disse lapidario, senza distogliere lo sguardo dalla strada e imboccando una lunghissima galleria -  hai alzato troppo il gomito. Non dire sciocchezze, nulla di cui potresti pentirti una volta sobrio.
- Non sono ubriaco, ho solo bevuto per farmi forza - piagnucolò - per avere il coraggio di dirti... - sembrava che l'allegria della sbronza stesse lasciando il posto al pianto - dirti che... Ti amo, ti ho sempre amato fin dalla prima volta che ti ho visto!

La macchina sbandò. Si sentì venir meno. Il sangue fluiva alle tempie che gli dolevano e gli battevano freneticamente. Non capì più niente e non trovò niente di meglio da fare che frenare di botto, lasciando sulla strada i segni e un forte odore di pneumatici bruciati. Frenò, in galleria, in barba al codice stradale e al buon senso, incurante di ogni pericolo. Non  era così, non era in questo modo, non era lui a...

- Che cazzo dici? - gli disse rabbiosamente voltandosi verso l'intraprendente ubriaco e fulminandolo con lo sguardo - Neanche mi conosci!
- Ma io... ti a... - incominciò a singhiozzare.
- Scendi! Ho detto scendi dalla macchina. - lo disse con un tono glaciale, di chi ha appena emesso una sentenza inappellabile.

Non riusciva a tollerare che uno sconosciuto pronunciasse qualcosa che desiderava ardentemente che gli dicesse Lui. Lui che era sparito nel nulla, avvinghiato ad uno dei suoi soliti silenzi cocciuti e sibillini. Quei silenzi incomprensibili che odiava dal profondo, ma a cui si aggrappava con tutte le sue forze perché credeva nella genuinità dei suoi sentimenti, perché sperava che finalmente si accorgesse di lui, che si rendesse conto di essere lui l'altra metà della mela. Non era pronto a ricevere quelle parole da uno sconosciuto, non di certo lì, in quel luogo sperduto da dio e dai santi. Era arrabbiato e deluso allo stesso tempo. Arrabbiato perché quelle parole tanto desiderate non arrivavano dalla persona che amava, da Lui, deluso perché aveva paura che non sarebbero mai arrivate, da Lui. Voleva urlare, voleva piangere, voleva semplicemente perdersi tra le sue braccia, ma Lui non c'era e questo gli faceva male. Si sentiva defraudato dalla sua felicità, derubato da un beone, per questo l'aveva fatto scendere dalla macchina, abbandonandolo lì in montagna, andandosene. Nessuna lacrima l'aveva mosso a pietà: il ladro di felicità andava punito.

Poche centinaia di metri più avanti si fermò, dopo tutto non poteva essere così crudele: se lui era stato condannato ad un silenzio imposto e ad un'assenza forzata che gli laceravano l'anima e il corpo, non poteva di certo prendersela con un incauto ubriaco piangente, abbandonarlo lì alla mercé di animali selvatici e del freddo. Fece retromarcia, abbassò il finestrino e gli intimò di salire. Era strano essere nella parte del cattivo, era la prima volta e dovette faticare non poco per convincere lo sventurato innamorato respinto. Il silenzio calò su entrambi e i singhiozzi sparirono presto per lasciar posto al russare del "ladro" e ai suoi pesanti rantoli. Lo riaccompagnò a casa. I primi raggi di sole dell'alba facevano capolino, illuminando la sua insoddisfazione. Il suo dolore, a lungo represso, tornò a galla. Non aveva sonno. Non aveva freddo ma tremava. Si cambiò. Si infilò le cuffie del suo lettore mp3. Si sentiva tremendamente infelice per riuscire a riposare bene. Decise di andare a correre. Intanto qualcosa scivolava lungo le sue guance. Non voleva farlo, ma non riusciva a smettere. Era troppo scosso. Con un po' di fortuna non l'avrebbe visto nessuno, magari tra un po' potrebbe piovere. Scese le scale di corsa, svoltò l'angolo il più velocemente possibile, come se qualcuno l'inseguisse e corse senza voltarsi indietro.

Leggi anche:
Il ladro di felicità - Il post-it giallo
Il ladro di felicità - Che cos'è l'Amore?

giovedì 25 ottobre 2012

To want a Love that can't be true


Ci sono giorni in cui nonostante conti le Presenze, non posso fare a meno di soffermarmi sulle Assenze e sul vuoto che mi lasciano. Eppure le Presenze sono numerose, ma per quanto lo siano non sono sufficienti a colmare il vuoto delle Assenze. VuotoVuoto ha cinque lettere come SenzaCuoreAmore, Pezzi, Perso e Tempo. Cinque! Cinque come i mesi passati in cui continuo a sentirmi vuoto, col cuore a pezzi, senza amore, perso nel tempo. Si dice che il tempo guarisca le ferite, a quanto pare con me non funziona poi molto. A volte mi rifugio nei se perché mi illudo per un attimo che la realtà poteva essere diversa, poi mi rendo conto che certe cose sono immutabili, un po' come la mia stupidità, la mia illusione e il mio bisogno di essere amato. Sono uno stupido a pensare che qualcuno potesse amarmi per quello che sono realmente. Sono uno sciocco a pensare che sarebbe andato tutto bene e avrei avuto il mio lieto fine. Sono un illuso a pensare che potesse capitare a me, una cosa bella. Forse è giusto così: tipi come me possono al massimo sfiorare l'Amore, non di certo possono averlo. Ho già avuto più di quanto meritassi, dovrei esserne felice e limitarmi al massimo a desiderare un Amore che non può essere vero.


I'm a fool to want you
I'm a fool to want you
To want a love that can't be true
A love that's there for others too

I'm a fool to hold you
Such a fool to hold you
To seek a kiss not mine alone
To share a kiss that Devil has known

Time and time again I said I'd leave you
Time and time again I went away
But then would come the time when I would need you
And once again these words I have to say

"I'm a fool to want you
Pity me, I need you
I know it's wrong, it must be wrong
But right or wrong I can't get along
Without you"

I can't get along
Without you

Billie Holiday (I'm a fool to want you - Album: Lady in Satin - Anno: 1958)

martedì 23 ottobre 2012

Ops!


Occhio di Lince: "Mi piace il viola del tuo tatuaggio tribale, ma non il 
                           disegno, dove l'hai fatto?"
Principe Kamar: "Veramente è un livido."
Occhio di Lince: "Ops!"
Principe Kamar: "..."



giovedì 18 ottobre 2012

Riflessioni varie


Ho incominciato una nuova collezione. Accanto alle mie collezioni di amori infelici e di delusioni, ho aggiunto la collezione dei silenzi e dei NO, quelli belli pesanti come macigni che schiacciano l'autostima. Lunedì ho perfino saltato il pranzo per beccarmene ben due; lascio da parte il conteggio dei NO mascherati da silenzi giusto per non tediarvi. Poi ci si domanda perché uno si arrende. Ecco, non capisco perché spaventa tanto la parola resa. Sembra quasi come se il primo che lo ammette, faccia cadere le tessere del domino creando una reazione a catena, sarà questo che spaventa? Così come non capisco il tabù che si ha nel parlare della morte. Io qualche volta ci penso, in questo periodo più del solito. Ho sempre immaginato come avrei reagito in ogni situazione, sarà per questo che sono poche le cose che mi sorprendono? Comunque, non ho paura di morire, in fondo la morte fa parte della vita. Ho sempre pensato che quando fosse arrivato il momento avrei deciso in totale autonomia di levare le tende: non mi ci vedo a morire vecchio e incartapecorito dentro a un letto. Non capisco perché questa mia scelta personale spaventa talmente tanto. Mi lascia perplesso. So che questo discorso non è il massimo dell'allegria, ma è una riflessione più intima e allora la metto nero su bianco sul blog, tanto o la scrivo o non la scrivo come diceva quella zitellona inacidita della mia professoressa di matematica delle medie "cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia" (a proposito non so se lei è ancora viva ma il fatto che nessuno dei miei sogni si sia realizzato sono certo che le daranno il miglior orgasmo della sua vita terrena o post terrena, brutta stronza!).
Sono un po' perplesso, per il polverone che ho alzato col mio post precedente che era solo una semplice constatazione che messa nel blog o lasciata nella mia testa non avrebbe cambiato il risultato. Non è un gran mistero per nessuno il fatto che sia tremendamente Infelice, almeno non qui sul  blog visto che nella vita reale mi trincero dietro un sorriso e sono veramente poche le volte che ho avuto cedimenti in pubblico, credo che si possano contare sulle dita di una mano; forse un po' di più per chi mi conosce un pelino meglio. Quelle pochissime volte che ho un cedimento di solito me la cavo con la storia trita e ritrita della giornata no e giuro che funziona! Sarà che mi rende un po' più umano, intaccando l'aura dell'essere perfetto esterno che mi sono costruito, rendendomi perfino simpatico. Spesso mi rendo conto che l'immagine che si ha di me non corrisponde al mio vero io, spesso è estremizzata, nel bene o nel male. Quando vengo a contatto con questa immagine che gli altri hanno di me, rimango spesso perplesso soprattutto quando mi dicono che sono speciale, una bella persona e roba del genere. Non capisco mai se mi prendono per i fondelli o meno, mi sa che da questo punto di vista sono un po' autistico. A volte quando me lo dicono vorrei dir loro che preferirei non esserlo visto i quintali di merda che ingurgito ogni volta; o semplicemente dire che se fosse così perché allora non ho successo né in Amore e né in campo professionale?
Una persona che (ho) am(at)o molto mi ha scritto un messaggio (a cui non ho ancora risposto per non dover affermare sventatamente cose di cui avrei potuto pentirmi) dopo aver letto il post precedente, da cui estrapolo questo pezzo:
[...] Volevo solo farti capire che sei troppo giovane per abdicare a te stesso; volevo solo farti capire che non esiste la fortuna, che non c'è nessun destino segnato, che la vita è un frattale che continua a frammentarsi a casaccio. Non serve la speranza, non serve la fede, serve solo vivere con dignità; e non può esserci dignità senza un po' di autostima, senza un po' di fiducia in se stessi [...]
Ora la storia che sono troppo giovane è una farsa bella e buona; dato che sono quasi nel bel mezzo del cammin di nostra vita e per il mondo del lavoro odierno sono sembra che sia un vecchio decrepito. Si parla giustamente di vivere con dignità. Ci può essere una dignità in una non-vita come la mia? NO! Vale la pena vivere in questo modo, ubriacandosi di Infelicità, morendo dentro mentre fuori impassibilmente ripeto come un disco rotto che va tutto bene e ci aggiungo un finto sorriso a mo' di contentino-rassicurazione esterna? L'autostima non c'entra e comunque anche la persona dotata del più grande ego e con la massima autostima possibile e immaginabile, se si trovasse a vivere sulla pelle i continui NO che sto ricevendo e che ricevo ogni giorno, crollerebbe di sicuro. E non parlo solo di porte in faccia dal punto di vista professionale, ma anche nei rapporti umani e ovviamente in amore.  Fiducia in me stesso... certo, guarda in che situazione di merda m'ha portato l'essermi fidato di me stesso, della mia "specialità", della "bella persona" che sono e compagnia bella.

Questa mattina ho rischiato di essere cacciato di casa solo perché ho osato ribellarmi agli obblighi morali e convenzionali, quelli che ti impongono come vivere la tua vita senza possibilità di scelta e di replica. Ho realizzato di essere uno schiavo di una non-vita. Sì, uno schiavo intrappolato in una vita non mia, schiavo delle convenzioni alla Mulino Bianco per cui è sempre tutto rose e fiori. Non ricordo neanche quando è stata l'ultima volta che ho fatto una scelta per me stesso e soltanto per me stesso. È stato allora che ho capito che il possedere la capacità di decidere l'ora della propria dipartita racchiude la chiave della propria libertà, perché la morte può essere un gesto di ribellione che può restituire libertà e dignità. Quella libertà e dignità che ho smarrito da un pezzo insieme a me stesso.
Ho poco più di un anno per ritrovarli, per passare dall'Infelicità alla Felicità o quanto meno all'infelicità con la i minuscola.


[...] ma il lato positivo è che mi sono creata una bella carriera 
riuscendo a sorridere quando non ne avevo voglia [...]

Io c'ho costruito una vita pensa tu un po'...

domenica 14 ottobre 2012

A pochi passi dalla fine


 Lo dico così, 
senza troppi giri di parole, 
dritto al punto: 
Mi sono arreso. 
Ed è giusto che sia così, 
d'altronde quando si è dei perdenti da sempre 
non può essere altrimenti.
Ora che l'ho ammesso,
sono in pace con me stesso.


Max Richter (Sarajevo - Album: Memoryhouse - Anno: 2002)

venerdì 12 ottobre 2012

Arrivarci a 50 anni così!


Siccome oggi (va be' è di due ore fa circa) non ho metabolizzato una proposta, non perché sia indecente, ma perché con altissima probabilità mi è stata detta senza rifletterci su, solo per dare aria alla bocca ed io nella mia immensa ingenuità per un attimo c'ho creduto veramente, sapendo che alla promessa non seguiranno ahimè fatti (ed è quello che a me servono), che poi pensandoci bene, razionalmente parlando, io in quelle vesti faccio molto un po' ridere. Sapendo pure che il tenore del blog ultimamente è di un tristume pazzesco, sapendo pure che c'è bisogno di leggerezza e che oggi non mi va di affrontare temi più seri, visto che non faccio un post ormonelloso da tanto, colgo l'occasione per farlo, ricordandovi però che se date un'occhiata alla mia blog roll ci sono blogger in questo campo che sono molto ma molto più bravi di me e con un ottimo gusto. Comunque, oggi compie 50 anni quel gran pezzo di ragazzo di Glenn Soukesian, alias Colton Ford. A parte il fatto che vorrei arrivarci anch'io a quell'età ed essere di un bono pazzesco come lui, cosa allo stato attuale impossibile per varie ragioni, anche perché lui a 38 anni circa era così:

Io ne ho 6 e un paio di mesi in meno e non sono neanche lontanamente decente come lui. A volerla dire tutta oltre che bello fuori è bello anche dentro e se vi capita date un'occhiata al suo blog dove fa delle osservazioni interessanti. Ma bando alle ciance ed ecco una bella carrellata di sue immagini per rifarsi gli occhi, con la scusa accalappiare qualche visitatore e rimarcare che questo blog accanto a cose serie è pur sempre un blog cazzaro come l'autore.













 Che dire se non Buon Compleanno Colton Ford, o meglio 
Happy Birthday Mister Ford!




You came my way
I said i want none of it
We felt in love...
Now it's been so long
I'm closed
I'm so tired of it
But i can't... can't let it go

(chorus)
You say that you love me
And then leave me lonely
I'll go on without you
But i just can't take it
Now my heart won't let go

Each day i say
How did i get into this?
But it's too late
You run in my skin
So come on; what's wrong?
We tought why can't we handle this?
We've got to... to find a way
Mmm...

(chorus)
Hate me lonely
With constantly fighting
I know i should leave you
But i just can't do it
Now my heart won't let go

Colton Ford (Tug of War (My Heart  Won't Let Go) - Album: Tug of War - Anno: 2007)



mercoledì 10 ottobre 2012

Triste verità


Neanche se affogassi nella Nutella
 il mio umore riuscirebbe a migliorare in questo periodo.

Mi ripeto che passerà, 
prima o poi, 
o almeno lo spero.
Passerà, vero?


DeVotchKa (The Winner Is - Album: Little Miss Sunshine (Soundtrack) - Anno: 2006)


[...] And you already know
Yet you already know
How this will end [...]

DeVotchKa (How It Ends - Album: How It Ends - Anno: 2004)

lunedì 8 ottobre 2012

Cara Lucianina l'hai proprio fatta fuori dal vasino.


Cara Lucianina,
ti apprezzo e ti stimo sia come persona e sia come professionista. Sei sempre attenta e impegnata nel sociale, sempre pronta a difendere le ingiustizie, proprio per questo quando ho letto il tuo intervento su La Stampa del 5 ottobre 2012, sono giustamente sobbalzato dalla sedia rimanendo poi basito. So della tua vena ironica tagliente, ma non posso fare a meno di farti notare che nella parte finale del tuo intervento hai scritto due colossali, passami il francesismo, minchiate. Ora proverò a spiegarti il perché ritengo che l'hai fatta un po' fuori dal vasino.
Minchiata numero 1
[...] E poi lascia stare, Nico, con ’st’idea del matrimonio, lascia perdere… te lo dico io che non mi sono mai sposata ed è l’unica cosa furba che ho fatto nella vita [...]
Questo è un punto cruciale che mi rende diverso da te, perché tu insieme al tuo compagno hai potuto scegliere tra sposarti, vedendo così riconosciuto tutta una serie di diritti, e non sposarti, rinunciando appunto ad avere questi diritti. Io, in quanto omosessuale, non posso scegliere. Mi viene rinnegato un mio diritto, solo perché ho la "colpa" di amare una persona del mio stesso sesso. Quello che rivendico, qui e altrove, è il mio diritto e del mio compagno (futuro in quanto sono attualmente single) a scegliere se sposarci o meno. Insomma perché tu hai potuto scegliere ed io no? Eppure sono un cittadino italiano come te, né più e né meno, ma vengo penalizzato per una "codina"! Non è assurdo? Se amassi MariA potrei scegliere se sposarmi o meno, con tutti i diritti e doveri connessi e annessi, mentre invece se amassi MariO questo diritto di scelta mi verrebbe negato all'istante. So che la tua era una battuta che non celava dietro di sé alcuna forma di omofobia, ma leggerla mi ha fatto lo stesso un gran male. Anch'io penso che in Italia, accanto al matrimonio per gli eterosessuali, è necessario riconoscere i matrimoni per le persone dello stesso sesso,  non solo, occorrerebbe anche tutelare quelle coppie eterosessuali ed omosessuali che preferiscono convivere, ovvero le cosiddette unioni di fatto. Non ricordo bene chi lo disse, ma mi ritrovo molto nelle parole di un militante omosessuale che affermò che non si batteva per i matrimoni gay, ma per il  suo diritto di poter divorziare. Sono parole semplici che racchiudono una grande verità. Ecco, io mi batto per il mio diritto di scegliere, che non mi deve essere né imposto e né negato dallo Stato Italiano, solo perché amo un uomo come me. Proprio per questo motivo, introduco la tua Minchiata numero 2:
[...] Ti lamenti perché dici che non vuoi stare in un acronimo, non vuoi né Dico, né pacs… vuoi sposarti… Su questo non sono d’accordo con te Ventolin... Io vorrei vedere riconosciuti i diritti di tutti. Gay ed etero. Con qualsiasi nome. Chemmenefrega. Eventualmente… Se li chiamassimo i Niki ti andrebbe bene? 
Non sono d'accordo su quanto affermi, perché anche il nome ha la sua importanza e per quanto ad esempio Shakespeare faccia pronunciare a Giulietta questa frase romantica: Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. Be' anche lui, si sbagliava perché anche i nomi hanno importanza. Riflettici su, perché non dovrei usare la parola matrimonio per indicare il mio legame con MariO, mentre se invece scegliessi MariA potrei farlo? Non è una forma di discriminazione bella e buona? Non è uno sminuire i miei sentimenti solo perché sono rivolti ad una persona del mio stesso sesso? 

Non capisco quale sia il problema e perché spaventa così tanto l'associare il mio nome FrancescO, quello di MariO e la parola Matrimonio, mentre basta ancora una volta una "codina" ed ecco che con MariA sparisce ogni obiezione. In fondo, sia io e tutti i gay italiani e stranieri non abbiamo alcuna intenzione di sposare degli eterosessuali, quindi state tranquilli.

Un'ultima cosa e giuro che mi levo fuori dalle balle, anche se citi il fatto che Dio creò tutto nell'arco di una settimana, invitando quindi a fare le cose con calma, ti faccio presente che in Italia sono passati venti anni, e sottolineo venti, dalla celebrazione simbolica del primo matrimonio fra persone dello stesso sesso. Successe il 27 giugno 1992, a Milano, il consigliere comunale Paolo Hutter unì in matrimonio Ivan Dragoni e Gianni Delle Foglie. Oggi, né Ivan e né Gianni ci sono più; sono passati vent'anni, mica sette giorni, e ancora non è cambiato nulla. Loro non hanno potuto vedere riconosciuto dallo Stato Italiano il loro sogno d'Amore, ora mi spieghi per quale motivo io e il mio MariO dovremmo subire la loro stessa ingiustizia, solo per andare piano? No, Lucianina, IO NON CI STO. E tutto per la sventura di una "codina", perché se fosse MariA non starei a scriverti queste righe. Ecco, io e il mio MariO, non vogliamo aggiungere i nostri nomi a quelli di altri Ivan e altri Gianni solo perché siamo gay e siamo "colpevoli" di amare delle persone del nostro stesso sesso. 

Sono sicuro che capirai le mie annotazioni.
Francesco (alias Principe Kamar)

giovedì 4 ottobre 2012

Il mio libretto d'istruzioni


Avrei bisogno del mio libretto d'istruzioni per capirmi un po' di più, per capire meglio come funziono, per leggere cosa fare in caso di problemi e come risolverli, per sapere quali precauzioni usare durante il mio funzionamento, per sapere le controindicazioni di utilizzo, per sapere cosa non devo fare per rompermi o quanto meno il numero per chiamare l'assistenza per farmi riparare. 
A volte penso che se ognuno di noi andasse in giro col proprio libretto d'istruzioni sotto braccio, si eviterebbero un sacco di problemi, di incomprensioni, di delusioni e chissà quanto altro. Certo si rischierebbe di togliere poesia alla scoperta e la bellezza alla ricerca, tutto sarebbe fin troppo facile e forse troppo monotono e scontato; ma di sicuro non stressante e deludente. Poi, rifletto ancora un po' e penso che molto probabilmente, con la fortuna che mi ritrovo, mi potrebbe capitare uno di quei manuali tradotti male o il numero in un call center sperduto chissà dove, dove mi lascerebbero in perenne attesa, non risolvendo un bel niente.

Se dico che mi sento sbagliato rischio il linciaggio via web, via telefono o di persona; allora dico che mi sento semplicemente fuori posto, ma mi sembra un eufemismo stupido, un po' sulla scia del "politicamente corretto" che porta ad usare termini (a mio parere stupidi) come audioleso o non udente al posto di sordo, dimenticando che come la giri e la rigiri, il problema rimane tale e quale e quella persona non sente lo stesso. Comunque, mi sento così da un bel po' e se prima mi sembrava di avere intuito e capito quale fosse la mia strada, ora non lo so più. A tutto ciò si aggiunge il fatto che non sono felice, anzi credo che l'ultima volta che sono stato realmente felice risale alla mia breve vacanza tosco-emiliana post ferragosto, praticamente più di un mese e mezzo fa. Forse per gli standard umani può essere normale, ma vi assicuro che per quelli delle fiabe abituati al vissero felici e contenti, no perché è un'eternità, e all'orizzonte, per quanto si cerca di essere il più ottimista possibile, non si prospettano miglioramenti in alcun campo ed io mi sarei pure stufato di continuare a stringere i denti, anche perché a furia di stringerli rischio di usurarli inutilmente. E sì, che lo so che ci vuole carattere, infatti provo a mettercelo ogni giorno, però un po' di fortuna non guasterebbe ogni tanto.

Ps: Lo so che non sono tanto normale ma credo che da questo blog e quello precedente si fosse capito da un bel po'.

Ps update: non scherzo, ma qualcuno mi aveva suggerito di andare a lavorare in un call center in Tunisia per la clientela italiana, dove mi avrebbero pagato benissimo, cioè 700 dinari che corrispondono all'incirca a 350 euro che è uno stipendio da pascià laggiù. Ora chi glielo dice che anche se fosse uno stipendio da papa, in barba alla primavera araba, rischierei di essere impiccato solo per essere me stesso visto quello che è successo ad esempio a questa ragazza? Ovviamente ho gentilmente declinato l'offerta.


Io non sono una persona normale 
Non mi sento una persona normale 
Mi accorgo di essere diversa 
Ho pensieri strani che mi girano in testa 
E non mi controllo eccessivamente 
Se non è di moda non ci posso fare niente 
A volte penso che non mi sento più la stessa 
Chiedimi perché, la risposta è sempre questa 
Io non sono una persona normale 
Non mi sento una persona normale 
Sono diversa da te 
Tu sei diverso da me 
Fammi capire perché 
tu sei diverso da me 
Mi accorgo di essere scontenta 
Tutt'intorno a me una realtà che mi spaventa, non mi somiglia, non mi rappresenta 
Voglio stare sveglia mentre tutto si addormenta 
E a volte penso che non mi sento più la stessa 
Chiedimi perché... 
Io non sono una persona normale 
Non mi sento una persona normale 
Sono diversa da te 
Tu sei diverso da me 
Fammi capire perché 
tu sei diverso da me 
Cosa vuol dire per te 
Sono diversa da te 
Io non sono una persona normale 
Non mi sento una persona normale 
Sono diversa da te 
Tu sei diverso da me 
Fammi capire perché 
tu sei diverso da me.

Serpenti (Io non sono normale - Album: Serpenti - Anno: 2012)

lunedì 1 ottobre 2012

Far fuoco e fiamme


Vorrei dar fuoco a dei ricordi. 
Vorrei dar fuoco a quei ricordi che mi bruciano dentro e mi fanno male.
Vorrei poter dar fuoco a quei ricordi che mi bruciano dentro, 
lasciandomi solo molte notti insonni in cui mi chiedo il perché.
Vorrei bruciare tutto ciò che mi fa star male.
Vorrei bruciare tutte le amarezze che mi avvelenano.
Vorrei bruciare tutte le delusioni che ingoio.
Vorrei bruciare tutta la rabbia che covo dentro.
Vorrei bruciare tutto il dolore che mi divora.
Vorrei bruciare le parole non dette e quelle buttate al vento.
Vorrei bruciare i tradimenti che pugnalano il petto.
Vorrei bruciare le promesse infrante che mi trafiggono come lame affilate.
Vorrei dar fuoco alla solitudine, compagna fedele della mia vita.
Vorrei dar fuoco all'infelicità, amante fedele della mia vita.

Vorrei dar fuoco al passato. 
Vorrei dar fuoco al presente. 
Vorrei confidare nel potere purificatore del fuoco, 
sperando che riduca tutto in cenere, 
come se non fossero mai esistiti.
Vorrei vederli andare in fumo, 
alzati in colonne nere prontamente disperse dal vento.

Vorrei... e invece... 

Sono solo io ad essermi bruciato. 
Sono solo io a bruciare. 
Sono solo io che mi sto riducendo in cenere. 
Sono solo io che mi spengo sempre più.
Sono solo io che vado in fumo.
Sono solo io che rimarrò polvere.


Giovanni Sollima (Terra Fuoco - Album: Works - Anno: 2005)