giovedì 27 settembre 2012

Oroscopo mio non ti conosco!


Non ho mai creduto all'oroscopo, né al potere delle stelle che influenzano la vita delle persone, né credo nelle ipotetiche caratteristiche comuni dei nati sotto lo stesso segno, né conosco il mio ascendente perché penso che bene o male ognuno è l'artefice del proprio destino. Una volta ho provato a calcolare il mio ascendete, giusto per curiosità, ma mi sono annoiato subito senza riuscire a cavare un ragno dal buco. A stento conosco i nomi dei dodici segni zodiacali, ma, quando mi capitava, leggevo l'oroscopo più che altro per vedere di quanto il ciarlatano di turno si sbagliasse, o per quale misteriosa legge della probabilità indovinasse l'andamento della giornata/settimana. C'è stato, poi, un periodo più o meno recente in cui leggevo l'oroscopo più per la ricerca di una conferma che di chissà cos'altro. Ovviamente leggevo prima il suo oroscopo e poi il mio, poi sprecavo abbondantemente 5 minuti esatti della mia vita per cercare un collegamento tra i nostri due oroscopi che mi sembrasse potesse accadere realmente. Probabilmente speravo che mi dicesse nero su bianco robe del tipo: oggi ti chiederà di sposarlo, nelle prossime settimane ti dirà che ti ama e non può fare a meno di te... insomma amenità del genere. Quando si è innamorati si è completamente stupidi e quando uno è già stupido di suo come il sottoscritto, si raggiungono alte vette di stupidità inaudita ed inimmaginabile, in fondo questo blog ne è testimone così come quello vecchio. Oggi di tanto in tanto butto ancora l'occhio sul suo oroscopo, ma spero di togliermi questo brutto vizio e di sprecare quei 30 secondi leggendo che ne so l'etichetta della boccetta di cianuro o roba del genere [umorismo tetro modalità off]. Comunque tra i tanti oroscopi che circolano, quello che mi "affascina" di più è quello di Rob Brezsny che trovate online sull'Internazionale. Probabilmente mi affascina per quella tendenza all'ottimismo o per quei consigli un po' così, sempre con quella vena pseudo-finto-intellettuale. Il post nasce da questo oroscopo (quasi in scadenza, domani c'è il nuovo o almeno credo):

Capricorno: Qual è il tuo posto? Non quello a cui appartenevi in passato o che avrai in futuro, ma il tuo posto adesso. Forse la risposta a questa domanda finora è rimasta confusa, ma è arrivato il momento di fare chiarezza. Per individuare il tuo giusto punto di forza, prova a fare queste tre cose: prima decidi di quali esperienze avrai bisogno da oggi al tuo prossimo compleanno per sentirti amato. Poi stabilisci quali sono i due obiettivi più importanti da raggiungere fino a quel momento. Infine, immagina nei minimi dettagli come esprimere al meglio la tua generosità.

Premesso che non ho la più pallida idea di quale sia il mio posto adesso e che la risposta mi è oscura più che mai, altro che confusa!, oggi si prova a fare un po' più di chiarezza. Vediamo che ne esce, anche se al momento ho il sospetto che, nonostante la mia logorrea, avrò un blocco da scrittore o da sindrome da pagina bianca e immacolata che non si sa da dove iniziare a scarabocchiare. A dire il vero un pensierino ce l'avrei su cosa vorrei, ma siccome non si può, non vale e quindi non si conta.; così come so già che un paio di miei lettori sanno già ciò che vorrei, quindi mi preparo al loro "sguardo riprovevole" seguito dal borbottio che conferma che sono una battaglia persa. ;-P

Ps: qui sotto un esempio di baggianate sulle pseudo caratteristiche di un segno zodiacale.



Update delle 13:40, Rob mi dice che per la prossima settimana:

Capricorno: Dire tutta la verità e nient’altro che la verità non è necessariamente il modo migliore per essere amati. A volte può scatenare il caos. In un contesto istituzionale, la sincerità assoluta può ridurre la tua influenza e frustrare le tue ambizioni. Ma ora prendi tutto quello che ho appena detto e mettilo da parte per un po’. Questa è una delle rare occasioni in cui essere profondamente sincero andrà tutto a tuo vantaggio.

Sante parole Rob, soprattutto la prima frase. -_-'

martedì 25 settembre 2012

Nulla da perdere


Mi sveglio sudato con la gola secca, un'altra notte tormentata è passata. Fuori è ancora buio, scendo giù a prendere un bicchiere di acqua ghiacciata che non placa la mia sete. Il caldo vento di scirocco scuote gli alberi, sembra preannunciare una tempesta. I giorni sono diventati sempre più corti, ma preso dalla mia assenza tutto è immobile e mi è ugualmente indifferente. Si annuncia una giornata plumbea, quella che, con il forte vento di scirocco, gli anziani e i superstiziosi di qui definirebbero un tempo che preannuncia il terremoto.
Tanto ormai non ho nulla da perdere che non abbia già perso. Per togliermi un po' della pigra indolenza che mi ha colpito, decido di fare un po' di pulizia. Tra appunti, foglietti volanti et similia, spunta lui: il mio quaderno. Quel quaderno che per un bel po' di tempo era stato un mio prolungamento, quasi una mia seconda ombra, l'ho portato ovunque in giro con me, addirittura un paio di volte perfino a Roma. Ricordo ancora lo smarrimento che provai quando per un attimo sembrò che l'avessi perso all'autostazione Tiburtina. L'avevo sepolto sotto un sacco di roba in attesa di avere la forza per decidere cosa farne, visto ormai la sua inutilità. Non ce l'ho fatta. Non ce l'ho fatta ad aprirlo e a scorrere le pagine, fa ancora troppo male. So ogni parola che ho scritto lì sopra, non ne ho ancora dimenticata una, perché mi serviva per testimoniare un percorso di crescita umano e professionale, era una specie di pegno e prova d'amore allo stesso tempo. Era il MIO pegno d'Amore. Non quello di qualcun altro ma il mio. Non ce l'ho fatta a buttarlo, fa ancora troppo male. Ora è lì, a testimoniarmi l'ennesimo mio fallimento, un'illusione d'amore, il mio sogno. Non quello di qualcuno altro, ma era il MIO sogno d'Amore e di Felicità. Non c'è più. Non c'è più come il resto. Ormai non ho più nulla da perdere, ho già perso tutto ciò che ritenevo di primaria importanza per me. Pensavo che in questi 4 mesi esatti sarei riuscito a metabolizzare tutto, a buttarmi tutto alle spalle. Balle! Non ci riesco. Sono bloccato. Per quanto mi sforzi, quello stronzo del mio cuore non vuole decidere di mettersi in riga e continua ad essere anarchico. Ho smesso anche di chiedermi cosa ne sarà di me, ormai non mi interessa più, non ho nulla da perdere.


Gone is the romance that was so divine.
Tis broken and cannot be mended.
You must go your way,
And I must go mine.
But now that our love dreams have ended...

What’ll I do
When you are far away
And I am blue
What’ll I do? 

What’ll I do? 
When I am wondering who
Is kissing you
What’ll I do? 

What’ll I do
With just a photograph
To tell my troubles to? 

When I’m alone
With only dreams of you
That won’t come true
What’ll I do? 


What’ll I do
With just a photograph
To tell my troubles to? 

When I’m alone
With only dreams of you
That won’t come true
What’ll I do?

China Forbes dei Pink Martini  in What'll I do? scritta nel 1923 da Irving Berlin.

Ps di servizio: non so perché Blogspot mi abbia pubblicato il post a metà, si vede che si sarà stufato anche lui di me e delle mie lagne. Spero che ora ci sia tutto.

sabato 22 settembre 2012

Il profumo del mosto


Mi piace il profumo del mosto, ha qualcosa di magico. Racchiude in sé la forza della terra, il calore del sole e il profumo del vento. Sa di vita  e di morte, di gioia e di dolore, di fatica e di riposo, di mistero e di conoscenza, di uomo e di natura, di ricordi e di oblio, di passato e di presente. Il mosto è il preludio del vino, ma il vino non è altro che una metafora dell'Amore. Non ci credete? Be' allora leggete qua e non potrete che annuire. 
Ho sempre amato la vendemmia: l'accarezzare l'uva, il vento tra i capelli, il calpestare le foglie secche delle viti e il conseguente suono melodioso che si ottiene camminandoci sopra, i raggi di sole che fanno capolino tra i filari, quella sorta di aria cerimoniosa che si ha nel raccogliere l'uva tra quei vecchi filari stretti stretti della vecchia piccola vigna (di età compresa tra i sessanta e i settant'anni), quella dove devi quasi inginocchiarti, facendo la riverenza alla natura e a chi non c'è più e non hai mai conosciuto, per raccogliere i grappoli d'uva ('na piennice d'uva). Devo essere sincero, il mio amore per il vino è tardivo, l'ho sempre sottovalutato, ma l'ho riscoperto a Bordeaux con nuovi occhi nel 2008 (va be' pure con le papille gustative, ça va sans dire!). Ogni successivo anno è stato un rinvigorire quei piacevoli ricordi, dando alla vendemmia un significato particolare, un significato tutto mio: un mix di Ricordi, di Speranze, di Felicità, di Amicizia, di Amore e di Casa (concetto quest'ultimo complicato, ma forse in qualche post successivo lo dipanerò). È stato un po' come stare accanto alle persone a cui vuoi bene e con le quali hai condiviso un pezzo di strada insieme, un modo per sentirle vicine al cuore.

L'anno scorso è stata la vendemmia della determinazione, della sfrontatezza a testa alta, della speranza, della fiducia, dell'essere inerme, dell'essere un verme, del voler essere vicino a e invece ero lontano da (col senno del poi, i 1141 chilometri sono bazzecole a confronto della distanza abissale dei nostri cuori), del broncio, dell'odio per non avere la bacchetta magica per poter risolvere i (suoi) problemi e della tristezza.

Quest'anno è stata la vendemmia della malinconia, dell'amara nostalgia, della fine di tutto, della consapevolezza che niente è cambiato e né cambierà, della consapevolezza che è stata l'ultima, dell'affetto per ciò che è bello e non si avrà mai, della solitudine, del dolore, dell'assenza e della lontananza.


Amor, si me llamas amor 
Si me dejas amarte mi bien, 
Yo te voy adorar. 
Las estrellas NOS VERÁN asombradas, 
La noche Y EL DÍA SERÁN LLAMARADAS. 
Candor, si me das tu candor 
Si me dejas amarte mi bien, 
Yo te voy adorar. 
Amor, si me llamas amor 
Si me dejas amarte mi bien, 
Yo te voy adorar.
Las estrellas NOS VERÁN asombradas, 
La noche Y EL DÍA SERÁN LLAMARADAS.
Amor, si me das tu valor
Si me atrevo a quererte mi sol,
Te voy a idolatrar.
Los angeles nos traeran la ternura,
Las flores nos vestiran de dulzura,
Contigo voy a soñar con querubes,
Contigo voy a pasear en las nubes,
Contigo voy a pasear en las nubes,
Contigo voy a pasear en las nubes.
Amor, en las nubes.

Mariachi Serenade (A walk in the clouds - Un Paseo por las nubes) di Maurice Jarre, scritto da Leo Brouwer e Alfonso Arau, colonna sonora del film Il profumo del mosto selvatico (1995).



venerdì 21 settembre 2012

Assente


Sei assente, sembra che tu sia altrove. Queste sono le parole che mi ha detto questa mattina la mia amica Genietta, subito dopo il consueto ciao e i baci di rito sulle guance. Ho blaterato qualcosa, giustificando la mia assenza con i continui grattacapi burocratici e non dovuti al post incidente di giugno, e con i miei continui buchi nell'acqua nella mia continua corsa disperata alla ricerca di un lavoro. Non so se ha creduto alle mie  flebili giustificazioni, alla mia verità parziale, ma non ha aggiunto altro ed io non ho avuto la forza materiale per raccontarle tutto. Raccontarle cosa? Ma soprattutto a che pro? Mi sono scusato per il mio essere assente, non pensavo che fosse così evidente. Sono assente. Sono insofferente al mondo, alle cose, alle persone. Dopo pochi minuti ho solo voglia di andar via. Dove? Non lo so. So solo che voglio andare via, il più lontano possibile da me stesso e da tutto il resto.
Ho gli occhi sempre gonfi come se non facessi che piangere tutto il giorno, ed è buffo perché non verso una lacrima da 4 mesi abbondanti: ho già dato. In alternativa si potrebbe ipotizzare che li ho gonfi perché mi faccio le canne, ma qui è ancora più ridicolo perché non ne ho mai fatta una in vita mia e sono talmente scemo che non saprei manco come si fa. Maledetto dna da bravo ragazzo!
Oggi ho ricevuto un altro no, ormai ci sono così abituato a riceverne tanti che se avessi avuto un sì mi avrebbe destabilizzato. Ormai i miei NO sono diventati una certezza, proprio come sapere che dopo la domenica c'è il lunedì. 
Ogni giorno perdo un pezzo. Sia esso fiducia nelle mie capacità o speranze che tutto possa cambiare. Suvvia sono un perdente è inutile girarci intorno, se così non fosse qualcosa si sarebbe smosso e invece niente.  Resto immobile e il mondo va a rotoli senza di me. Continuo a chiedermi sempre più spesso chi me lo fa fare tutto questo? È solo un'indecorosa agonia. Non riesco a non confrontarmi con gli altri e a vedere l'abisso che esiste tra ciò che sono e tra ciò che vorrei essere, tra ciò che ho e tra ciò che vorrei avere. La mia forza di volontà è paragonabile alla consistenza della neve sotto il solleone con 40° all'ombra. Ho una pessima opinione di me stesso: ogni giorno quest'opinione peggiora un po' di più. Grazie alle mie continue assenze, credo di avere nuove paure. Credo di aver paura di un'innocua domanda come ma tu sei felice? La risposta è NO, non sono felice. Se dovessi limitarmi a rispondere non avrei paura, il problema e la paura stanno nel doverlo motivare, in quel perché sono infelice. Credo di aver paura nell'affezionarmi troppo alle persone, del pericolo di innamorarmi di nuovo e di poter stare di nuovo così. Così male.
Sono stanco, molto stanco. Ho una stanchezza nell'anima. Non ho più entusiasmo, tutto è uguale e insignificante. Vado per inerzia: spedisco curricula perché è ciò che ci si aspetta che io faccia. Così come domani andrò in palestra, solo per far vedere che tutto funziona normalmente. E due palle! Mi auguro che il mio corpo tiri le cuoia al più presto, per il resto se non sono già morto, poco ci manca. Credo che augurarmi di morire al più presto sia, al momento, il miglior modo di volermi bene. E so già che riceverò una marea di critiche, ma tanto o lo scrivo qui sul blog o non lo scrivo lo penso lo stesso e poi, fanculo è il mio blog e chissenefrega se qualcuno storce il naso o mi compatisce. Tanto peggio di così...
Non ricordo più quand'è stata l'ultima volta che ho sognato. Alla luce di tutto, è un bene che ho esaurito la capacità di sognare.


venerdì 14 settembre 2012

Acrostici Sentimenti in (Dis)Equilibrio



Io
Non
Urlo
Tutti
I
Logoranti
Errori.

                   Io
                   Non
                   Sento.
                   Tutto
                   Ancora
                   Brucia
                   Inarrestabile.
                   Lentamente
                   Espiro.

                                           Dentro
                                           Odo
                                           Lamenti,
                                           Odo
                                           Ruggiti
                                           Emaciati.

                                                                    Forse
                                                                    Ragionando
                                                                    Ancora
                                                                    Non
                                                                    Cambierò
                                                                    E
                                                                    Sarò
                                                                    Certamente
                                                                    Onesto.

                                                                                                      Ma
                                                                                                      Ora
                                                                                                      Resto
                                                                                                      Immobile,
                                                                                                      Resto
                                                                                                      Esule.


Rondò Veneziano (Sinfonia per un Addio - Album: La Serenissima - Anno: 1981)

lunedì 10 settembre 2012

Come l'unico superstite


Ipotizziamo che, in seguito ad una catastrofe nucleare, voi siate l'unico essere umano sopravvissuto sulla faccia della Terra. Avete cibo e acqua in abbondanza, tutto ciò che rimane della civiltà (libri, cd, dvd, ecc.) in abbondanza, ma non abbiate nessuno di cui prendervi cura, nessuno con cui scambiare una parola, siete completamente soli e no, non ci sono neanche gli extraterrestri, ma solo voi che per un caso fortuito siete riusciti a salvarvi. Avete visualizzato la situazione? Ecco, dopo averlo fatto, ora immaginate che dopo un primo momento di adrenalina e di pensieri del tipo: "posso finalmente leggere quel romanzo che mi piace tanto, senza che qualcuno mi rompi le palle facendo rumore" oppure "posso ascoltare tutta la musica che voglio ad alto volume tanto nessuno avrà nulla da dirmi" e altre cose del genere; ad un certo punto questa situazione da Sopravvissuto incominci a pesarvi. Vi pensa la routine, vi pesa il silenzio, vi pesa il non poter condividere un tramonto, vi pesa non poter regalare la prima rosa sbocciata del vostro giardino, vi pesa ridere da soli... Ordunque penso che sia inevitabile pensare che sarebbe stato meglio soccombere anche voi insieme a tutti gli altri, fin quando questo pensiero vi entra in testa e diventa un chiodo fisso. Non c'è più niente che vi rende felice. Ormai tutto è dannatamente uguale: non c'è più uno ieri, né un oggi, figuriamoci un domani! Piombate in un'apatia che potreste scambiare tranquillamente per una sorta di coma vegetativo. Ormai continuate a fare tutto per inerzia. Non c'è gioia nelle vostre azioni. Avete smesso di sperare perché tanto ormai siete l'unico sopravvissuto alla catastrofe nucleare. Non esiste un motivo per cui valga la pena vivere e incominciate a pensare che  la morte potrebbe essere una liberazione. Se voi foste quell'unico sopravvissuto, cosa fareste? Scegliereste di vivere apaticamente, ossia di non-vivere, o scegliereste la morte? Io senz'ombra di dubbio sceglierei la morte, perché a queste condizioni che mi serve essere l'unico sopravvissuto di tutta la razza umana?


Questo ragionamento bislacco, serve un po' a far capire il perché mi sono trincerato dietro questo mutismo da una quindicina di giorni a questa parte. Ci sarebbero tante cose da raccontare, ma mi sembra di essere molto ripetitivo e mi stufo io stesso nello scrivere sempre le stesse cose, ossia che: va tutto a rotoli, sto uno schifo, sto perennemente sulle delle montagne russe, motivo per cui un attimo sono su e subito dopo sono giù, mi sento inutile, un disadattato, uno sfigato cosmico, un fallito, un completo incapace e come se non bastasse mi sento solo, molto solo. Insomma, se non fosse che non c'è (per fortuna) alcuna catastrofe nucleare e che quindi la razza umana non si è estinta, direi che mi sento proprio come quel sopravvissuto, né più e né meno. Certo sono ancora in fase: evviva! posso leggere questo libro senza il chiacchiericcio rumoroso dei vicini. Ma, a lungo andare mi stancherò, è solo questione di tempo. 
Intanto continuo a sentirmi un infelice-inutile-disadattato-sfigato-fallito-incapace-solo e no, non è per niente una bella sensazione. Sob!