All'articolo 1 della legge n. 211 del 20 luglio 2000:
«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».
Nei campi di concentramento non finirono solo gli Ebrei, ma anche omosessuali, oppositori politici, Rom, Sinti, zingari, testimoni di Geova, pentecostali, malati di mente, portatori di handicap, prigionieri di guerra e tutte le persone che vivevano ai margini della società.
L'anno scorso mi limitai a segnalare la lettura del libro di Heinz HegerDie Männer mit dem rosa Winkel, in italiano Gli uomini con il triangolo rosa, edito dalla casa editrice Sonda nel 1991, che si occupa della persecuzione degli omosessuali durante il nazismo. L'ho letto un paio di volte e ogni volta è un pugno allo stomaco poiché non c'è mai fine all'orrore di dove possa arrivare la perversione umana nell'organizzare deportazioni e stermini di massa. Per farvi un'idea vi rimando qui (per leggerlo basta cliccare su Estratto > Vedi) e qui (NB: la citazione del brano è all'interno dell'articolo).
Quest'anno, invece, posto come video di apertura un documentario sull'omocausto del 2000 dal titolo Paragraph 175, diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, e raccontato da Rupert Everett. Tale documentario raccoglie la testimonianza di diversi uomini e donne che furono arrestati dai nazisti per omosessualità in base al paragrafo 175, la legge contro la sodomia del codice penale tedesco, risalente nella prima stesura al 1871, in seguito fu inasprito dai nazisti e occorrerà arrivare al 1994 per ottenerne la completa abolizione, praticamente meno di vent'anni fa!
Per non dimenticare l'orrore affinché non si ripeta un'altra volta.
Riemergo dopo due settimane pesanti, con molti bassi e pochi, quasi inesistenti, alti. Più volte ho pensato e detto che se questo 2012 è come il suo inizio fino ad oggi, non avrà difficoltà ad essere un anno peggiore del 2009, del 2010 e del 2011 messi insieme. Per carità non è che in quel triennio sia poi andato tutto completamente negativo, ma quasi: di sicuro i giorni belli sono stati talmente pochi che sono stati fagocitati da quelli brutti che ti rimangono sulla pelle come cicatrici e non vanno più via. Se penso all'ultima volta che sono stato Felice con la effe maiuscola, felice veramente e completamente da sentirmi quasi completamente soddisfatto di me stesso devo arrivare agli ultimi tre mesi del 2008. Cazzo! Infinite ere geologiche fa! E se provo ad andare ancora più dietro nel tempo c'è un buco nero che ha fagocitato probabilmente i miei anni migliori e poi approdo nel mio "Eden": il 1998, credo l'anno in cui sia stato felice 360 giorni su 365. Se quell'anno si fosse fermato al giorno di santo Stefano, che precede il mio compleanno, sarebbe stato l'anno perfetto; ma col mio diciottessimo anno d'età è iniziato il mio calvario e sono finito nel buco nero. A volte penso che tutto quello che è successo dopo è stata una (in)giusta punizione perché ho osato essere troppo felice, più di quanto mi sia stato consentito; tant'è che a volte mi blocco e penso che da un momento all'altro succederà qualcosa di brutto che mi riporterà con i piedi sottoterra. A volte, invece, mi sorprendo a pensare e non mi capacito di come sia sopravvissuto al buco nero, nonostante tutto; in fondo avevo raggiunto il limite e bastava poco per diventare un piccolo trafiletto di cronaca nera: un taglio qua e là, una corda, un ponte... Eppure sarebbe bastato veramente poco per evitare il mio "millenium bug": la classica parola giusta al momento giusto sarebbe stato l'ideale, ma ahimè il tempismo legato al sincronismo in queste lande desolate da Dio e dai santi è un concetto semisconosciuto.
Va be' ormai quello è il passato e non si cambia, non so perché l'ho riportato a galla forse per associazione di idee o per esorcizzare la possibilità di ricadere di nuovo nel buco nero e boh! sono stato (s)fortunato a scamparla una volta chi mi dice che riesca a farlo di nuovo.
Dicevo, in questo 2012 iniziato decisamente in salita, non faccio altro che essere preoccupato. Quando non sono preoccupato, sono incazzato, ma siccome credo di aver già esaurito le dotazioni di incazzature per l'anno in corso, non riesco a farlo neanche come si deve. Allora sono già stanco e avvilito. Deluso, of course, con la pazienza in rosso e la speranza sempre in riserva e se non faccio presto il pieno di speranza qua si rimane a piedi e si fa ciao ciao con la manina alla Vita e benvenuta pallida imitazione di vita tarocca rigorosamente made in China. L'ironia è un po' stitica in questo periodo, il mio sorriso forzato è vero come una banconota da sette euro, però se si guarda al buio sembra vero! Il meglio che ho partorito in questo periodo è stato più di una settimana fa in ospedale, con tre congiunti in contemporanea in due nosocomi differenti, una battuta scema su chissà se ci sono sconti famiglia o se ci sono bollini da raccogliere che quest'anno a quanto pare siamo agguerriti per accaparrarceli tutti. Più di questo per sdrammatizzare non riesco, più una totale incapacità di dire addio congenita (questa volta per fortuna mi sono dovuto limitare solo alla gatta cieca sbranata dai cani randagi, finora), un odio-fobia con tutto ciò che riguarda gli ospedali e dintorni, un morale a terra e sapere che c'è gente a cui tieni che è infelice e tu non puoi fare niente per renderli felici se non ribadire che ci sei e a me le fa girare vorticosamente questo stato d'impotenza forzata.
Non so se riesco a farcela. Mi sento assente e sono quasi senza forze per continuare ad andare avanti. Mi ripeto che passerà, basta continuare a fare un passo dopo l'altro.
Un passo dopo l'altro capirai ed il mio lento canto vestirà le tue paure con la libertà una storia è vera quando se ne va. Un passo dopo l'altro imparerai nelle gocce di tempo, tra ora e mai, in un altro uomo un cuore aspetta, perché può ballare al buio solo con Te.
Ps: appena possibile mi metterò a passo con i vostri blog e con i commenti, per il momento abbiate pazienza e scusate se qua e là c'è qualche parolaccia rafforzativa del periodaccio che sto passando. Buona domenica!
Per un istante, il guazzabuglio di suoni e rumori assordanti fu squarciato dal silenzio. Il silenzio di qualcosa che si rompe. Era per caso un'altra tazzina del servizio buono di sua madre, quello del corredo che sopravvisse ad un roccambolesco viaggio di ritorno dall'America? No, ma era qualcosa di altrettanto fragile e delicato. Era forse un cuore? Era forse un equilibrio? Chi può dirlo? Non c'erano cocci ad evidenziare il misfatto. Non c'erano cocci da raccogliere. Uno squarcio di silenzio e poi il freddo. Quel freddo che ti entra dentro fino alle ossa e ti fa battere i denti. Sto per morire? Si chiese per un attimo, ma una smorfia sul viso passava già oltre questo pensiero. Non era la morte a spaventarlo. Rilesse lentamente il post-it giallo come per masticare meglio ogni singola parola, per gustarne il sapore e riuscire a digerirle meglio.
In quest'inizio di nuovo anno però non può mancare un post solo per te... Per te che hai pazienza e dopo un litigio mi guardi di nuovo col sorriso, a te che di notte mi abbracci e mi tiri calci :-) a te che canti a squarciagola in macchina e ascolti anche me senza tapparti le orecchie, a te che mi hai presentato persone importanti e non ti vergogni di noi, a te che sei bello e lo penso ogni volta che ti guardo, a te che hai pazienza di insegnarmi dove sbaglio e mi aiuti a crescere.... A te che hai deciso di condividere la tua vita con me ed è il regalo più bello che potessi farmi...
♥ You
Sapeva che quel cuore non era per lui. Quel messaggio non era destinato a lui. In quel momento era l'usurpatore, il ladro di felicità. Avrebbe voluto che quel post-it giallo fosse indirizzato a lui, ma non era così. Forse se si sarebbe sforzato avrebbe potuto fingere che fosse per lui, che fosse del suo Amore. Sì, ma quale Amore? Non sapeva dove fosse, con chi fosse, se lo pensasse... Si sentì soffocare. Quel silenzio calato, imposto da un altro gli pesava. Era un macigno che volente o nolente aveva accettato. Fece un respiro profondo e rilesse il post-it per l'ennesima volta. Perché non è per me? Come un lampo che rischiara la notte, quella domanda uscì dalla mente: da pensiero prese voce e divenne reale. Si risvegliò dal torpore, rischiava di morire assiderato. Chiuse la finestra, lì da cui era entrato il post-it nel suo "eremo isolato". C'era qualcosa di familiare nella scrittura, in quel cuore, in quel You. Ma certo! Riconobbe la scrittura. Un fremito lungo la schiena gli diede la certezza. Era lui! Era di Massimo. Quello che gli aveva fatto rimettere in discussione tutto sé stesso, quello che gli chiese il permesso di baciarlo e poi non lo fece, quello che gli aveva spezzato il cuore e lui l'aveva lasciato fare.
Ormai non l'amava più. Aveva impiegato quattro lunghissimi anni per addomesticare il suo dolore, per renderlo sopportabile e poi un giorno qualunque era guarito: aveva capito di amare più sé stesso che lui. Era andato avanti, nonostante il destino l'avesse messo a dura prova costringendolo a partecipare come osservatore alla costruzione di un amore che non era il suo. Lo scoprì per caso, quando un giorno di due anni fa, se lo vide sulle scale mentre scendeva mano nella mano col ragazzo del terzo piano. Il dottorino dell'appartamento accanto al suo, con la finestra della cucina che affacciava come la sua sul cortile interno del condominio. Quello che aveva ereditato l'appartamento dalla non troppo compianta signora Maria. Chissà se ora si rivoltava nella tomba sapendo che il suo adorato nipotino era un frocio come lui e viveva nel riprovevole peccato del sesso sfrenato nelle sue quattro adorate mura? Era la dura legge del contrappasso che punisce i rei bigotti sputa-sentenze.
Quell'incontro inaspettato fu un colpo al cuore e produsse un ciao sbiascicato. Pensò che non sarebbe sopravvissuto a tutto ciò. Invece riuscì a sopravvivere a quell'incontro, alle scene di sesso selvaggio sul tavolo della cucina e un anno fa all'inizio della loro convivenza. Era una sorta di piccola tortura: la loro felicità era quella felicità a cui lui tendeva ma che inspiegabilmente gli veniva negata. Poi aveva conosciuto l'Amore e quella piccola tortura della felicità di Massimo non era più una tortura, ma un modello di felicità a cui tendere o più semplicemente qualcosa che poteva farlo al massimo sorridere bonariamente o lasciarlo completamente indifferente.
Ora quel post-it portato beffardamente dal vento, l'aveva turbato nel profondo, aveva aperto uno squarcio. Era il segno che aspettava ardentemente, ma era arrivato troppo tardi e non veniva dal suo Amore. Era il segno sbagliato che pesava di più perché lui era circondato dal silenzio del coprifuoco che cala sulle relazioni sbilenche come la sua. Per un attimo cancellò dalla sua mente gli ultimi quattro anni della sua vita e provò ad immaginarla con Massimo. Immaginò la quotidianità, la convivenza, i baci, le coccole, il sesso... ma si accorse che quel post-it era il tassello avanzato. Qualcosa non quadrava nella sua immaginazione: niente combaciava. C'erano solo forzature e falsità: anche se fossero stati insieme, Massimo non gli avrebbe scritto un post-it come quello perché sarebbe roba da bimbiminKia alla tre metri sopra il cielo. Non aveva mai capito il perché di tutto quell'astio di Massimo nei confronti del romanticismo, anche se alcune forme estreme come quella dei lucchetti la trovava aberrante e svilente anche lui.
Non poteva tenerselo: era la dimostrazione fedele di una felicità non sua che per sbaglio era "scappata" dal palcoscenico principale per arrivare in platea tra le poltroncine degli spettatori. In quel caso, lui era un semplice spettatore e non uno dei protagonisti, se l'avesse conservato per sé sarebbe stato solo il ladro di felicità.
Prese le chiavi, il coraggio, il suo lettore mp3 e il post-it. Suonò il campanello, ma non rispose nessuno. Scostò lo zerbino e infilò il post-it sotto la porta. Scese le scale e infilò l'uscio. Infilò le cuffiette del suo lettore mp3 nelle orecchie, per scacciare quel silenzio assordante che immobilizzava i suoi pensieri. Infilò le chiavi in tasca insieme al suo coraggio, o quello che ne rimaneva. Faceva freddo, ma non quanto nel suo cuore: lì l'inverno stazionava da un bel po'. Guardò il cielo, con un po' di fortuna di lì a poco avrebbe piovuto. La pioggia era l'ideale per lavare i pensieri. Fece quello che sapeva fare meglio, quello che gli riusciva bene: corse senza voltarsi indietro.
Apro il mio browser di fiducia e incomincio ad informarmi navigando sul web, finché mi imbatto in questa notizia fresca fresca de Il Giornale di Vicenza:
Al di là del fatto che l'articolo è scritto con i piedi e che l'orientamento sessuale non è un vestito e non si sceglie, non posso non imbestialirmi ed indignarmi per questa brutta storia, ma ho un pensiero fisso:
Se la Rai, la televisione pubblica italiana, si ricordasse di fornire un Servizio Pubblico degno di tale nome, forse questo ragazzo di soli vent'anni non avrebbe provato a suicidarsi.
Perché penso questo? È semplice, per la Rai i gay e il mondo lgbt non esistono e se anche esistessero non è cosa buona e giusta parlarne. Quando si ricorda di farlo, lo fa molto male e per cliché, gettando dunque benzina sul fuoco su un clima come quello italiano già di per sé, grazie anche all'onnipresente Vaticano, omofobo o quanto meno poco gay friendly.
Ad esempio, martedì scorso la Rai ha perso un'altra occasione di porre rimedio alle proprie mancanze. Su Rai2 è andato in onda lo speciale dedicato a Tiziano Ferro, noto cantante che nel 2010 ha fatto coming out, dichiarando la propria omosessualità e scrivendoci anche un libro intitolato Trent'anni e una chiaccherata con papà. Ebbene, così come hanno evidenziato lo staff di Voglio sposare Tiziano Ferro nell'omonimo articolo: Tiziano Ferro non riesce a dire gay su Rai Due. Non so se ciò sia dipeso da una scelta del cantante, ma visto il precedente diktat della rai sul non pronunciare la parola preservativo il 1° dicembre scorso, giornata mondiale contro la lotta all'Aids, non mi meraviglierei se ne esistesse uno anche sulla parola gay e quindi fosse dipeso dai vertici rai.
Secondo me quella parolina detta in tv di fronte a milioni di spettatori avrebbe potuto fare la differenza. Innanzitutto avrebbe mostrato che l'essere omosessuale non significa essere malato e che non c'è nulla di cui vergognarsi di essere quello che si è, oltre al fatto che dirlo pubblicamente con semplicità e naturalezza dà la giusta connotazione di normalità insita nell'omosessualità, perché essere gay invece che etero è come avere gli occhi azzurri piuttosto che verdi, essere moro piuttosto che biondo, con buona pace degli omofobi e dei giornalisti caproni che si ostinano a parlare di devianze e di scelte perché giustamente loro scelgono se essere alti un metro e una vigorsol o essere alti tre metri come i Watussi.
Secondo me un'altra occasione che la Rai topperà alla grande, sarà con Ballando con le Stelle dove tra i partecipanti c'è il giornalista rai Stefano Campagna, gay dichiarato, che ahimè ballerà con una donna. Magari sarebbe stata la volta buona che in Italia ci fosse stata una coppia di ballerini formata da due uomini, così come avvenne in Israele nel 2010 dove la star televisiva Gili Shem Tov, lesbica dichiarata, ha ballato in coppia con una donna (Fonte: Queerblog). In Germania, lo scorso marzo in una puntata l'attore e presentatore omosessuale Adolf Haider ha ballato con un ballerino, sempre a ballando con le stelle in versione tedesca.
A chi pensa che nel ballo in coppia ci debba per forza essere sempre un cavaliere e una dama, ricordo che la danza non fa distinzione di sesso e che ad esempio esistono già i campionati mondiali di tango queer in cui entrambi i partecipanti sono dello stesso sesso.
So che la Rai non può rendere l'Italia gay friendly, ma di certo può rendere, nel suo piccolo, l'Italia un paese migliore, educando in maniera corretta i cittadini in tre modi:
informandoli in maniera corretta ed equilibrata,
dando loro gli strumenti giusti per mantenere attivo il pensiero critico in ognuno di noi,
alimentare la giusta curiosità nel cercare di capire mondi che possono essere lontani dal proprio quotidiano, ma che in realtà sono molto più vicini di quanto si pensi.
Siccome avrei tante cose da dire ma sono tutte cose talmente distanti che non saprei come racchiuderle tutte insieme in un unico post. Scriverle separatamente sarebbe come sdradicarle e allora ecco che nasce questa nuova rubrica: L'ora d'aria dei pensieri. Il bello di questa rubrica è che scriverò tutto quello che mi salta in mente ed uscirà quando avrò accumulato tanti pensieri e sarà arrivato il momento di condividerli, quindi non sarà neanche un appuntamento fisso. Inizio subito con quelli dei primi due giorni del 2012, in rigoroso disordine cronologico, a proposito ancora auguri!
Questo è l'anno giusto, me lo sento, deve per forza essere così.
Cazzo e se così non fosse? Be' ci penseranno i Maya!
Questo è l'anno giusto, me lo sento, deve essere per forza così è il mio mantra quotidiano.
Mi sono innamorato follemente di Jula De Palma, devo procurarmi la sua discografia completa.
Ho visto la statua di un asinello a grandezza naturale con le orecchie da coniglio alla Bugs Bunny e uno sguardo da fesso del tipo che mi tocca fa' pe' campà! Ho pensato al Bimbozzo e al fatto che a lui sarebbe piaciuto molto. Non l'ho fotografato. Sgrunt! Devo decidermi a comprarmi una macchina fotografica e a vincere il mio odio atavico per fare le foto ed essere nelle foto.
Non è ancora iniziato l'anno nuovo e già faccio buone azioni e beneficienza: non ho le rotelle a posto.
No, ma il raffreddore mi ha dato alla testa che sono un concentrato di tolleranza, gioia, amore e serenità? Non faccio nemmeno pensieri omicidi! ARGH!
Voler bene è: partecipare ad un pranzo pantagruelico e a stento riuscire a deglutire, mangiare tutto quello che ti offrono nel piatto per buona educazione anche se ti disgusta e fai fatica, distribuire sorrisi a destra e a manca quando non c'è niente da sorridere, conversare amabilmente anche con persone che useresti, con gioia, senza pensarci due volte, per fare dei sacrifici umani per placare le divinità dei Maya.
Riceverò mai una risposta alla mia lunga mail scritta tra san Silvestro e Capodanno?
Pensavo che non l'avrei mai detto ma Il Piccolo Principe a cartone animato ogni sabato e domenica mattina alle 8 su Raidue è una figata pazzesca!
Ma è così brutto passare il resto della propria vita con me?
Ascolto You are my sunshine nella versione di Elisabeth Mitchell, alternando con Sola me ne vo' per la città nella versione di Jula De Palma a ripetizione e non mi stancherei mai di ascoltarle.
Non credo che le punizioni fisiche siano un ottimo sistema educativo-correttivo ma quattro ceffoni a sto caprone diciottenne viziato di nipote acquisito di Kitri sarebbe un delitto non darglieli.
Se è successo nel 2011 non significa che mi guasterà il 2012, vero?
Chissà se in edicola con i pezzi del trattore Super Landini dell'Hachette c'è quel popò d'uomo della foto d'apertura del post. No, perché se così fosse me li porterei tra le lenzuola. Lo spot è questo qui.
Ho spedito una raccomandata con ricevuta di ritorno il 12 dicembre e ancora non ho ricevuto la ricevuta. Grazie mille Poste Italiane, eh!
Ma scrivere un sms un po' più articolato pare brutto? Cinque parole, sei se conto il punto esclamativo, ma valgo così poco?